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La cucina Siciliana è sicuramente tra le più ricche e colorate d’Europa, in particolare a Palermo, la cucina prende forma sue, trasformandosi e reinventandosi, secondo il proprio legittimo invasore, che nei secoli, hanno conosciuto la coloratissima Palermo. La conca d’oro, così fu’ chiamata dagli arabi, quando videro per la prima volta la conca di Palermo dal mare, che con i suoi alberi di limone faceva diventare dorata quelle terre. Agli Arabi, dobbiamo molte ricette, come la cassata, che si narra, prese il nome da ‘cassat’ che in arabo vuol dire pentola, ed è proprio con una pentola che si cucina questa torta ed è proprio mentre un arabo cucinava questa magnificenza di ricotta e marzapane, che un palermitano gli chiese cosa faceva, l’arabo, pensando che gli veniva chiesto cosa fosse lo strumento che utilizzava, rispose ‘cassat’ cioè pentola. Le spezie ed i sapori forti è inutile dirlo, le ricette siciliane, le hanno assorbite dagli arabi come anche il cus cus con tutte le sue varianti. Ma è con l’invasione Francese, che il Palermitano, che di giorno lavora presso le cucine dei nobili Francesi, ritirandosi a casa, vuole copiare quelle ricette, ma venendogli a mancare la materia prima, troppo costosa per le sue tasche, le reinventò a suo piacimento, ed ecco che il beccafico ripieno dei Francesi , uccelletti, appunto il beccafico ripieno, diventò ‘Sarde a Beccafico’ avvolgendo lo stesso ripieno dei Francesi, di pan grattato, salsa e caciocavallo, con le sarde aperte, sicuramente più accessibili del beccafico, ma accontentandosi di acquistare le sarde più vecchie, quando in pescheria si metteva un garofano per indicare il ribasso del prezzo, perché già pescate da qualche giorno, il palermitano, dovette aggiungere, nell’impasto, rispetto la ricetta originale, passolini (un tipo di uvetta essiccata), i pinoli e l’alloro che ne abbassavano l’acidità delle sarde, la presentazione finale delle sarde avvolte e messe in tegame, una affianco all’altra con la coda che fuoriesce appena da ogni involtino è quella di vedere tanti uccelletti. Ma anche la famosa caponata di melanzane, segue un percorso simile alla precedente ricetta, questa, infatti, parte sempre dalla cucina Francese, che preparava il cappone in agro dolce, il cappone, impossibile da reperire per il povero palermitano, fu trasformato in melanzana, tagliata a tocchetti e fritta. Non possiamo non parlare ‘Ru’ Figatu ri sette cannoli’ , tradotto dal Palermitano ‘Fegato dei sette cannoli’ è qui che il siciliano si burla di se stesso ironizzando  la sua possibilità economica, al solito nelle cucine Francesi si cucinava il fegato in agro dolce (con aceto e miele e non zucchero) il Palermitano sostituì al Fegato la zucca rossa, tagliata a fette e soffritta, zucca che veniva acquistata allo vucciria (antico mercato di Palermo) vicino alla fontana dei 7 cannoli cioè vicino una fontana con 7 rubinetti, da qui il nome alla ricetta ‘Figatu ri 7 cannoli’. Ma la cucina Siciliana è anche gioia di vivere le proprie tradizioni, come  quando si inventa lo sfincione che non è altro che il solito mangiare del povero , pane e cipolla, rivisto in maniere più allegra per festeggiare la propria santa, Santa Rosalia patrona di Palermo. Oggi, possiamo sentire gli odori delle ricette antiche genuine con i maestri Cascino, dove l’antico si abbraccia con il moderno, che partendo dal nonno Francesco Paolo Cascino, che agli inizi del ‘900 veniva corteggiato dalle più illustre famiglie di Palermo, per la suo amore verso la cucina, si proietta ai giorni nostri con il figlio Domenico Cascino e con il nipote Roberto Cascino, trasformando quella passione che dal nonno si riversa al nipote, che si reinventa imprenditore di una tradizione familiare secolare. Meeting, ricevimenti, catering, matrimoni ed eventi importanti fatti nelle più belle ville settecentesche di Palermo come illustrato nel sito www.maestricascinocatering.it

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