La rivoluzione sessuale in Italia

Tra gli effetti più importanti del movimento rivoluzionario giovanile che è comunemente chiamato “68”, dall’anno in cui tutto ebbe inizio, va inserita la nascita e l’evolversi del movimento per la liberazione della donna.
La rivoluzione sessuale cominciò dagli Stati Uniti e dai Paesi scandinavi diffondendosi via via a tutti i Paesi del mondo occidentale. Elementi determinanti del fenomeno furono: i movimenti di protesta giovanili, che misero in discussione i principi e le istituzioni della famiglia tradizionale, quali la fedeltà, la verginità, il matrimonio, considerati opprimenti valori borghesi; la cultura consumistica del neocapitalismo degli anni del “boom economico”; la presa di coscienza di sé e dei propri diritti delle nuove generazioni femminili; le scoperte scientifiche della medicina sui metodi contraccettivi, (ivi compresa la contraccezione d’emergenza). Tali scoperte permettevano, finalmente, alle donne il controllo sulla procreazione, separandola dalla sessualità. Conseguentemente, era possibile alla donna recuperare una sessualità indipendente dalla riproduzione, di rapportarsi in maniera paritaria con l’uomo, di migliorare la conoscenza del proprio corpo e di riconciliarsi con esso. La donna, dopo millenni di oppressione si poteva affrancare come soggetto umano, autonomo e indipendente. Poteva scegliersi un partner, fare esperienze, senza necessariamente impegnarsi per l’intera esistenza. Poteva dedicarsi anche ad altro che non fosse legato solo alla funzione riproduttiva o alle cure domestiche.
Naturalmente, questo nuovo modo di rapportarsi con la vita da parte dei giovani si scontrò con i valori “borghesi” e le consuetudini etico-religiose ancora dominati dagli antichi tabù della società, e da tutte quelle norme di carattere giuridico e morale che avevano regolato il comportamento delle generazioni precedenti. Il conflitto che si creò tra le generazioni in famiglia e nella società fu un fenomeno che caratterizzò il costume di quegli anni: le madri non si riconoscevano più nelle figlie, i padri vedevano svuotata la loro autorità, la Chiesa e la società intorno guardavano con disapprovazione e apprensione questi cambiamenti caricandoli di negatività.
Ci fu, quindi, un atteggiamento di grande ostilità nei confronti della liberalizzazione dei costumi: pertanto, tutto ciò che poteva favorirne il mutamento ebbe un iter estremamente controverso e accidentato. Così la richiesta dell’educazione sessuale nelle scuole, perché offendeva il pudore dei “benpensanti”, che si scandalizzavano perfino di sentir parlare di alcune parti del corpo umano (specie femminili) e delle sue funzioni; non parliamo, poi, della pretesa di diffondere metodi contraccettivi, che utilizzati egualmente, venivano ipocritamente demonizzati in pubblico, evidenziando una contraddizione a volte assai dolorosa tra le pratiche reali nei rapporti di coppia e le pratiche religiose.
La pillola anticoncezionale e il suo uso come contraccettivo d’emergenza (la vera e propria pillola del giorno dopo è più recente n.d.r) fu una scoperta davvero rivoluzionaria perché, finalmente, si riusciva a garantire un’attendibile protezione da gravidanze indesiderate. Essa divenne perciò il simbolo della rivoluzione sessuale. Ma la sua liberalizzazione e diffusione, in Italia, fu notevolmente ostacolata e ritardata (per distribuirla al pubblico senza violare il codice Rocco, allora vigente, si arrivò al compromesso di sottacere la sua vera funzione di contraccettivo nel foglietto delle istruzioni del medicinale); pertanto, prima del 1971, anno in cui ne fu, finalmente, permessa la vendita nelle farmacie, le donne furono costrette a procurarsela di contrabbando.
Numerose, giovani donne dalle gonne larghe e variopinte (secondo la moda dell’epoca), in festosi e grintosi cortei, attraversavano le città e, unendo le mani con gesto simbolico, urlavano, sotto lo sguardo attonito e scandalizzato dei passanti: “l’utero è mio e me lo gestisco io!”. Esse dichiaravano così di non esser più disposte ad accettare l’intrusione di alcun potere (Chiesa, Stato, patriarcato familiare e sociale) sul proprio corpo e rivendicavano per sé il diritto ad una vita sessuale, serena e paritaria, libera dal senso del “peccato” e dallo squallore di rapporti imposti o regolamentati, dalla quale ottenere armonia psico-fisica, conoscenza di sé, arricchimento di valori nei rapporti di coppia e, soprattutto, la possibilità di programmare le dimensioni della famiglia secondo le proprie esigenze personali e disponibilità economiche.
Un aiuto a tali rivendicazioni lo diedero l’arte, specie la musica (soprattutto le canzoni), il cinema e la stampa i quali avendo una grande capacità di penetrazione nella cultura popolare, diffusero e resero di dominio generale argomenti prima ricoperti dal pubblico pudore. Divenne sempre più facile poter parlare del sesso e dei suoi problemi e quindi riuscire a fare una seria informazione sull’argomento, senza suscitare particolari turbamenti.
Questo nuovo modo di rapportarsi delle donne con la società ha reso possibile negli anni successivi (ma sempre a seguito di faticose battaglie e, a volte, dopo gravissimi reati e clamorose ingiustizie) l’adozione di un nuovo codice di famiglia, che assegna ai coniugi eguali diritti e responsabilità nei confronti dei figli e tra di loro, attribuendo a ciascuno pari dignità e depenalizzando l’adulterio femminile; la violenza sessuale ha cessato di essere considerata un delitto contro la morale per assumere quello più giusto di crimine contro la persona; il delitto d’onore non trova più alcuna benevola giustificazione giuridica e sociale; è stato conquistato il diritto al divorzio, che ha sanato gravi situazioni di disagio familiare; al matrimonio civile viene, ormai, riconosciuto dalla società valore paritario rispetto a quello concordatario; inoltre, il permesso di abortire in strutture sicure per le donne, che per loro ragioni non possono portare avanti una gravidanza, ha reso possibile salvarne molte dal pericolo di conseguenze, spesso letali, di aborti effettuati nella clandestinità. Sono sorti consultori familiari per aiutare, informando, le persone e le coppie in difficoltà. Sono sorte case rifugio per le donne che vogliono sottrarsi a maltrattamenti; e altro ancora.
Le donne, inoltre, hanno ottenuto il diritto di occupare, con piena dignità, tutti i ruoli anche in attività esclusive prima a loro interdette: quali, ad esempio la Magistratura, l’Esercito, la Polizia.
Tuttavia, quanto raggiunto fino adesso non basta a pareggiare il dislivello culturale, economico e giuridico che ancora separa i due sessi, ma la strada è stata aperta e il tragitto tracciato. Sta a noi donne percorrerlo con coraggio, serietà, merito, puntigliosa e sistematica determinazione ed impedire che forze reazionarie (sempre in agguato), realtà avverse quali la crisi economica attuale, il venir meno di servizi essenziali, la mancanza di lavoro e le conseguenti derive di disperazione, ci costringano a tornare indietro su un cammino da considerare, invece, proprio per il bene e il progresso della società nella sua interezza, assolutamente irreversibile.

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